Il medioevo, ha insegnato lo storico Ernst Kantorowicz, convisse con due corpi del Re: uno immortale e uno visibile e contingente. Quel re che non muore mai e nello svolgimento di un ruolo centrale il simbolismo della sopravvivenza del re oltre la sua morte naturale si cristallizza nella sua effigie. “Epifanie del corpo regio in immagine dei Re di Sicilia” di Mirko Vagnoni che sarà presentato giovedì 27 giugno alle ore 17.30 nei Giardini Reali di Palazzo Reale indaga e approfondisce l’utilizzo e l’effettiva visibilità dei ritratti nel regno di Sicilia. Ad intervenire e a dialogare con l’autore saranno il Presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II; Gianfranco Miccichè; il Direttore generale della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso; la Soprintendente per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo, Lina Bellanca; il professore associato di Storia Moderna dell’Università di Palermo, Ninni Giuffrida; il docente del Dipartimento Culture e Società dell’Università di Palermo, Giovanni Travagliato e la dottoressa Maria Elena Volpes, già dirigente generale del Dipartimento dei Beni Culturali e componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Federico II.
Guglielmo II incoronato da Cristo, mosaico, 1177-1183
“La presentazione del libro di Mirko Vagnoni – spiega Patrizia Monterosso, Direttore generale della Fondazione Federico II – dà il via ad una serie di focus dedicati alla mostra Castrum Superius. Il Palazzo dei Re Normanni. Un fitto calendario di appuntamenti con studiosi di fama nazionale ed internazionale che rendono la storia di Palazzo Reale viva e attuale. Il Palazzo si consolida, ulteriormente, come polo di grande attrattiva culturale e sociale. Il prossimo appuntamento è fissato per il quattro di luglio”.
Il volume di Vagnoni, assistente in Storia Medievale all’Università di Friburgo (Svizzera), edito da Artes (collana diretta da Maria Concetta di Natale) con il contributo di Palermo University Press, University Press Italiane e Fondazione Federico II traccia un excursus che nell’offrire al lettore il ritratto del Re giunge alla definizione di potere.
Un potere che non appartiene a un solo individuo; perché è dal suo gruppo che lo riceve. La nuova interpretazione lo vede come volontà comune attraverso una comunicazione linguistica volta a raggiungere un accordo. Svolge una funzione stabilizzante all’interno del complesso equilibrio politico e sociale che caratterizza il rapporto tra il gruppo ed il suo leader.
“Nel rapporto leader-gruppo, il corpo del re riveste un’importante funzione politica e, a tal proposito, il ritratto regio ben si presta alla sua diffusione nella società. Questo saggio – sottolinea l’autore del saggio Mirko Vagnoni – evidenzia quale uso i sovrani normanno-svevi di Sicilia fecero delle raffigurazioni del loro corpo”. Nel libro descrive quelle che definisce come “epifanie del corpo regio in immagine”, in contrapposizione e in sostituzione del corpo reale, fisico, dei sovrani delle dinastie Hauteville (Ruggero II, Guglielmo I, Guglielmo II) e Staufen (Enrico VI, Federico II, Manfredi). Immagini giunte a noi tramite sigilli in piombo e in cera e monete, così come in mosaici, dipinti e sculture monumentali, tra il 1130 e il 1266. Mirko Vagnoni affronta per ciascuna immagine la committenza, l’impiego sociale, i destinatari, la collocazione, le fonti e i modelli.
La sua analisi si spinge oltre la lettura iconografico-iconologica e stilistico-formale dell’opera d’arte; approda ad un approccio multidisciplinare di studio della fonte figurativa. Un’operazione che suscita nel suddito, così come, nel lettore emozioni e devozione al pari di quelle tributate ai simulacri religiosi. Lo studio e gli approfondimenti dell’autore sul ritratto regio nel Medioevo non sono nuovi; le sue ricerche procedono spedite da un decennio. La comunità scientifica ha, così, potuto apprezzare negli anni la limpidezza nell’uso delle fonti, la serietà del metodo e l’originalità dei risultati ottenuti. La ricerca di Vagnoni si è rivolta, in particolar modo, al Regnum Siciliae, insulare e italo – meridionale, per la sua eccezionale contaminazione tra culture latina, greca e islamica. Un ambito, certamente, battuto da numerosi studiosi ma la sua sensibilità e la sua conoscenza ci regalano risultati pregevoli e considerevoli.