È una mostra sulla realtà. Sì, la realtà.Intesa come “realtà reale”. Nell’epoca in cui si sovrappongono le dimensioni dell’immagine e della realtà, reale e virtuale.
Il titolo della mostra evoca da subito il senso del progetto. Ossia l’esigenza e lo slancio vitale a rielaborare e riorganizzare le proprie azioni dopo eventi stravolgenti e annichilenti come la pandemia, la regressione democratica e la guerra.
.Я∃ esprime l’urgenza di uscire dalla coazione a ripetere per riaccendere la comprensione e la riscrittura della realtà, che non può prescindere dalla necessità di “rinascita” (REbirth), “ricostruzione” (REconstruction), “riavviamento” (REboot), come recupero di un’esistenza non omologata.
La mostra .ЯƎ aprirà il 22 aprile a Palazzo Reale (Sale Duca di Montalto)e aspira a porre Palermo come capitale dell’arte contemporanea, proprio nel periodo chiave di una rinascita collettiva.
Il percorso di costante crescita della Fondazione Federico II degli ultimi quattro anni ha consentito di confrontarsi con alcuni tra i maggiori esponenti dell’arte contemporanea a livello mondiale.
Sedici grandi artisti contemporanei simboleggiano sedici cammini per schiudere la riflessione sulla realtà: Alberto Burri, Saint Clair Cemin, Tony Cragg, Zhang Hong Mei, Anselm Kiefer, Jeff Koons, Sol LeWitt, Emil Lukas, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Tania Pistone, Andres Serrano, Ai Wewei e Gilberto Zorio.
Sedici sensibilità artistiche sferzanti che hanno scelto di sviluppare espressioni artistiche non nella direzione della disumanizzazione o del post – umano.
Sedici artisti, puntando il dito nella piaga di un ridente conformismo che spesso ha lacerato la creatività, immergono il fruitore in una dimensione riflessiva e di funzione sociale dell’opera d’arte.
L’overdose di immagini del mondo contemporaneo e del mondo virtuale fa sì che il vero assente sia il reale corpo del mondo, che la nostra coscienza (per semplificare) opacizza fino a renderlo assente. Il rischio contro cui opporre RƎSISTENZA, è una civiltà della semplificazione in cui l’arte finisce per essere concepita come rappresentazione effimera della realtà.
Artisti che hanno riacceso l’orizzonte dell’arte, riscoperto l’essenzialità del linguaggio e, in taluni casi, una spiritualità non ipocrita. Una prospettiva semantica che non riduce la realtà ad immagine stereotipata.
“La domanda che la Fondazione si è posta nel periodo acuto della pandemia di chiusure e di riaperture singhiozzanti, – sottolinea Gianfranco Miccichè, Presidente della Fondazione Federico II – è come ripensare al nostro progetto di mostra. Un evento culturale-allestitivo che ponesse il dito sulla piaga di una grande domanda cosa resterà della storia recente? Ci troviamo davanti ad un bivio: procedere come se nulla fosse accaduto o, scelta che abbiamo preso, provare ad impegnarci per una proposta culturale con l’obiettivo di una Umanità rigenerata”.
“Misurarsi con uno squilibrio improvviso generato da una crisi pandemica e dalle guerre – dice Patrizia Monterosso, Direttore Generale Fondazione Federico II – ha risvegliato coscienze, come sottolineato da sociologi e analisti, e ha rivelato le profonde carenze della nostra maniera di pensare e di concepire noi stessi nel mondo, nel rapporto con gli altri, con la natura. In arte ciò si è tradotto nella capacità di ritrattare i temi della spiritualità, della socialità, dei diritti umani, della democrazia, della natura contro le vecchie e nuove barbarie semplificatrici. Espressioni e linguaggi dell’arte contemporanea che hanno saputo opporre resistenza all’approccio dei fondamentalismi evitando le scorciatoie che non consentono la lettura dei cambiamenti, della ricchezza delle differenze – contro una lettura monotono che ammette un singolo linguaggio, una singola voce, una singola storia”.
.ЯƎ è un evento culturale pensato come invito implicito a trasformare la battuta di arresto forzata che l’Umanità ha subito in direzione di un recupero di dimensioni autentiche e responsabili che, invero, anche prima della pandemia si presentavano scarsamente umanizzanti e aliene.
.ЯƎ testimonia sin dal suo segno grafico questa oscillazione, tra la decisione di riavvolgere la condizione umana e culturale nella dimensione esclusiva di registri già tracciati e la decisione di espandere la nostra nuova creazione di significati in direzione di nuove possibilità. Oltre il punto grafico del titolo della mostra, vi è rigenerazione dell’evoluzione sociale e umana in cui è fondamentale valorizzare la diversità dei linguaggi e delle esperienze creative. La Ǝ di .ЯƎ non volge le spalle alla nostra storia, ma la ridefinisce correlandola ai molteplici punti di vista che legano il singolo a prospettive culturali aperte e mai definitorie.
La pandemia e la guerra hanno collocato la solidità (apparente) delle nostre conoscenze in una dimensione di incertezza. I nostri parametri della conoscenza resi assoluti dall’abitudine, dalla routine (nella migliore delle ipotesi) e/o dall’arroganza degli assolutismi culturali emergenti si è infranta nella incapacità di decifrare la realtà vissuta.
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