Il 29 giugno 1143, l’arcivescovo di Taormina, Filagato da Cerami, nel corso della cerimonia di inaugurazione della Cappella Palatina, pronunciò una famosa omelia: << […] Il tetto non si può certo saziare di guardarlo, e desta meraviglia a vederlo e sentirne parlare, essendo adornato di certi finissimi intagli variamente lavorati a forma di piccoli canestri, e rifulgendo d’oro da tutte le parti imita il cielo quando nell’aria serena risplende per il coro delle stelle […]>>
La Cappella Palatina è ubicata al primo piano del Palazzo dei Normanni e fu dedicata, per volere di Ruggero II come si evince da uno scritto del 1132, a San Pietro Apostolo già prima del documento ufficiale del 1140. Reca l’anno 1143 l’iscrizione sulla base della cupola, che pone una datazione coeva ai mosaici del presbiterio e lasciando, come viene comprovato dalle analisi stilistiche, contemporanei al regno di Guglielmo I i mosaici delle navate.
Essa è l’esempio più elevato dal punto di vista storico-artistico, della convivenza tra culture, religioni e modi di pensare apparentemente inconciliabili, poiché furono coinvolte dalla sapiente gestione del potere di Ruggero II, maestranze bizantine, musulmane e latine. La Cappella sorse per sintetizzare le necessità liturgiche del rito latino e di quello greco, ne è d’altronde prova la pianta basilicale (latina) a tre navate ed il presbiterio (bizantino), sormontato da una cupola.
L’immagine di maggiore impatto è il Pantocratore benedicente, presente nella cupola, esattamente realizzato secondo i più classici canoni bizantini. Interessante è la ripetizione di tale elemento nel catino dell’abside centrale, dove ha un effetto comunicativo e misericordioso nei confronti di chi accede all’interno della chiesa. Tra i mosaici più antichi, nel Diaconicon, spicca il battesimo di Cristo, opera realizzata con una stupefacente stilizzazione delle onde.
Immagini di Santi e Padri della Chiesa sono presenti nei pilastri e negli intradossi degli archi.
Nelle navate laterali, decorate sotto Guglielmo I, sono narrati episodi della vita di San Pietro e di San Paolo ed in quella centrale gli eventi dell’Antico Testamento. Il candelabro in marmo per il cero pasquale, addossato all’ambone, è un’elegante scultura da attribuire probabilmente ad artisti legati alla cultura del nord Italia.
Le maestranze arabe eseguirono il soffitto a muqarnas che sovrasta la navata centrale, pregevole ed unico esempio al mondo di decorazioni pittoriche islamiche con rappresentazioni di figure umane all’interno di un luogo di culto. Tale opera, è una struttura modulare in legno, finemente lavorata e composta da elementi stalattitici ed alveolari, che ricordano una grotta.
Un’iscrizione in latino, greco e arabo del 1142, a ricordo dell’orologio idraulico fatto costruire da Ruggero II, testimonia l’intrecciarsi di molteplici culture nella Palermo normanna (si trova nel secondo loggiato del Cortile Maqueda del Palazzo Reale di Palermo, poco prima del vestibolo della Cappella Palatina, in direzione della scala che conduce al Cortile della Fontana ed è così tradotta nella sua versione bizantina “O meraviglia nuova! Il forte Signore Ruggiero avendo avuto lo scettro da Dio, frena il corso della fluida sostanza, la cognizione distribuendo scevra di errori delle ore del tempo. Nel mese di marzo indizione quinta e di nostra salute l’anno 1142, e del suo felice regno l’anno XIII”).
I mosaici del vestibolo furono opera all’inizio del XIX secolo di Santi Cardini e Pietro Casamassima. Questi raffigurano le storie di Assalone, figlio ribelle di re David, ciclo realizzato su committenza di Ferdinando III di Borbone (presente insieme alla moglie Maria Carolina nel medaglione del mosaico col Genio di Palermo incoronato).